Il suo talento su scoperto e diffuso da Robert Schumann (1810 - 1856) e dalla moglie Clara, che diventerà sua grandissima amica e confidente fino alla morte (muoiono a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro).
Si pone in continuità con la tradizione classica, tanto da essere indicato come il successore di Beethoven. La Prima sinfonia di Brahms, infatti, è stata definita dal grande direttore d'orchestra Hans von Bülow come la Decima di Beethoven.
Nonostante utilizzi le forme classiche per le sue composizioni, non risulta mai desueto o antimoderno. Lavorando su di esse, le sviluppa dall'interno, arricchendole col suo spirito profondamente romantico.
Le sue composizioni sono frutto di lungo lavoro (impiegava anni alla ricerca della perfezione, prima di completare un'opera) e sono molto intime (ricordiamoci che nello stesso periodo Wagner sviluppava le sue opere titaniche e super-io-istiche, per coniare un neologismo).
Le sue melodie scorrono fluide e riflessive, l'armonia è ricca di colori ed in continua evoluzione.
Vi sono dei passaggi di tale dolcezza poetica da rendere difficile credere che provengano da quel signore sempre corrucciato e barbuto delle fotografie che lo immortalano.
E dopo tanti anni che lo tengo come un santino sulla mia scrivania, rimango ancora affascinata dalle espressioni incredibili dell'interiorità di questo signore, che all'aspetto non fa trapelare niente, e che invece si espone così tanto attraverso la sua musica.
Ho scelto questo brano, waltz numero 15 da una raccolta di sedici, perché semplice, dolce e sereno.
Lo dedico a tutti quelli che, vicini o lontani, mi sono accanto in questo momento di passaggio, nel quale raggiungo il traguardo del primo quarto di secolo.
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