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mercoledì 21 maggio 2014

Dal Rinascimento al Barocco

Il passaggio da Rinascimento a Barocco avviene in modo graduale, come sempre in questi casi. Le influenze rinascimentali sopravviveranno a lungo, negli anni avvenire (basti pensare alle Suites, dirette discendenti delle danze quattro-cinquecentesche).
Tuttavia alcuni dei cambiamenti che segnarono questo passaggio aprirono nuovi orizzonti distaccandosi da quella che viene chiamata "musica antica".
Uno tra questi è senza dubbio il graduale abbandono del sistema modale in favore di quello temperato.
Si passa da un sistema chiuso, come quello modale, a sentire l'esigenza di "muoversi" tra le varie regioni armoniche. Questa esigenza, sentita ed espressa già da molto tempo, non aveva fino a questo momento creato particolari problemi in quanto la musica era prevalentemente vocale, e quindi ad intonazione non fissa. I problemi sorgono in questi secoli di passaggio in cui si ha un enorme aumento e sviluppo della musica strumentale: ci si scontra quindi con l'irregolarità della scala pitagorica negli strumenti ad intonazione fissa, per cui lo stesso intervallo assume dimensioni diverse a seconda della sua posizione all'interno della scala.
Questo porta allo sviluppo di una scala basata su una divisione più regolare degli intervalli, basata sui rapporti armonici di un suono fondamentale, detta Scala Naturale o Zarliniana (da Zarlino, che l'ha sviluppata).
L'inconveniente maggiore di questo sistema riguarda la pratica. Si hanno infatti due tipi diversi di semitono che corrispondono effettivamente a suoni diversi: il semitono diatonico e cromatico. Per cui, in uno strumento a corde o a tastiera, sarebbe necessario il doppio dei tasti poichè, per fare un esempio, do diesis e re bemolle non coincidono.
Questa difficoltà pratica si risolve definitivamente con la Scala Temperata, che divide un'ottava in 12 intervalli uguali, permettendo di suonare qualsiasi brano in qualsiasi tonalità (come ha voluto dimostrare Bach con il suo Clavicembalo ben temperato in due volumi).
Tuttavia anche questo sistema non è perfetto o privo di inconvenienti. In primo luogo, si perde la perfezione degli intervalli consonanti naturali come ottava, quarta e quinta, che risultano "sporcati" dall'esigenza di uguagliare i gradi della scala. In secondo luogo, si perdono tutte quelle piccole particolarità che caratterizzavano ciascuna scala nei sistemi precedenti. Le irregolarità che rendevano ciascuna tonalità unica rispetto alle altre vengono appianate, rendendole tutte uguali.

Lo studio approfondito della nascente arte-scienza dell'Armonia, introduce una visione accordale della musica, che aveva avuto fino a quel momento una forma più polifonica, portando alla pratica ed alla diffusione del basso continuo, in sostituzione o accompagnamento di altre voci.
Così le composizioni polifoniche si trasformano gradualmente in monodiche, passando per vari stadi: dall'accentramento della melodia in una voce superiore, all'affiancamento o completa sostituzione delle altre linee con strumenti polifonici e non.
Questo passaggio si ha anche per un motivo pratico: essendo la musica del periodo principalmente eseguita all'interno dei palazzi da signori benestanti, che avevano la doppia funzione di spettatori-esecutori, capitava frequentemente di non avere a disposizione la giusta combinazione di voci o strumenti e quindi di dover "riarrangiare" il brano per l'organico disponibile.

Si ha inoltre un radicale cambiamento nel pensiero e nella concezione della musica; da ruolo centrale all'interno dell'espressione artistica, si trova "retrocessa" a servizio della parola, considerata adesso il cardine di una composizione. Essa non è più fine a se stessa, ma deve affiancare ed amplificare i significati del testo poetico a cui veniva associata.
La parola viene adesso considerata come la massima espressione dell'individualità umana (centro della visione umanistica) per cui risulta impensabile "soffocarla" con la musica.

Uno tra i compositori che è vissuto durante questo passaggio, e ha avuto la giusta sensibilità e il genio per interpretarlo, è Claudio Monteverdi (1567 - 1643). Mi piacerebbe lanciarmi nel parlare del magnifico contributo che questo genio ha apportato alla Musica con la M maiuscola, ma mi limiterò ad apportare degli esempi, vista la lunghezza inusuale di questo post.
Monteverdi, tra le molte opere di diversi generi, ha scritto in particolare Madrigali, e li ha scritti durante tutta la sua lunga vita, "fotografando" all'interno dei nove libri che raccolgono la sua produzione, il cambiamento di stile e il passaggio tra Rinascimento e Barocco.
Ed ecco quindi, un esempio di Madrigale in stile "antico", tratto dal suo primo libro, e uno che strizza l'occhio al Barocco, tratto dal nono.




lunedì 24 febbraio 2014

Il "Va pensiero" del XVI secolo

Il XVI secolo è un periodo di grandi cambiamenti in Europa, soprattutto per quanto riguarda la religione. Avviene in questo momento storico, infatti, la Riforma protestante da parte di Martin Lutero, e la conseguente Controriforma cattolica, regolata dal Concilio di Trento (1545 - 1563).
In Germania Lutero incentra il culto protestante sulla musica, affidando alla forma del Corale la partecipazione dell'assemblea dei fedeli al rito.
In Italia, negli ultimi anni dei Concilio, ci si dedica alla ridefinizione del repertorio sacro, delineandolo in tre fondamentali punti:

  1. Abolizione di tutte le Sequenze, tranne 5 scelte. Le Sequenze erano brani liturgici costituiti da un melisma al quale veniva aggiunto un testo. Nate come aiuto mnemonico, sono poi diventate parte costitutiva del repertorio liturgico.
  2. Abolizione, all'interno dei brani sacri, di Cantus Firmi di origine profana. Il Cantus Firmus è la base su cui si costruisce l'intera composizione sacra. È una melodia con testo sacro che viene eseguita da una delle voci coinvolte (di solito il Tenor - da tenere) a valori molto larghi, mentre le altre "ricamano" in tessiture superiori.
  3. Intelligibilità dei testi sacri cantati. Gli ecclesiastici erano convinti che la polifonia, con gli intrecci melodici, il contrappunto e l'eventuale politestualità, distraessero il fedele dal significato del testo sacro.
In questo contesto si pone un personaggio chiave del periodo, perfetto interprete dei dogmi della Controriforma, che costruirà un modello per la musica vocale sacra di tale autorità da sopravvivere a lungo nei secoli: Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 - 1594).
Oltre a fissare la forma della Messa come noi oggi la conosciamo, elabora uno stile di scrittura semplice, efficace e di grande suggestività, salvando la polifonia dal triste destino che la Controriforma le aveva prospettato.
Equilibra le quattro (o più) voci, alternando momenti in stile imitato a omoritmia, corrispondenti ciascuno ad una frase del testo liturgico scelto. Queste frasi si ripetono diverse volte e si susseguono in continuità l'una con l'altra, senza cadenze o interruzioni nette della melodia.
Le linee vocali sono molto semplici e lineari: si svolgono nell'ambito di una nona e procedono quasi sempre di grado congiunto, superando molto di rado il salto di terza.
Il punto fondamentale sta nell'uso delle linee melodiche, volte all'amplificazione delle immagine evocate dal testo liturgico.
Prenderò come esempio, uno dei più bei mottetti di Palestrina: Super Flumina Babylonis.
Il testo narra dell'esilio degli Ebrei, che siedono presso i fiumi a Babilonia e gemono, ricordando la patria perduta. Il dolore è tale da appendere gli strumenti agli alberi: non risuoneranno più canti o musica, ma solo il Silenzio.
Verdi musicherà lo stesso salmo circa trecento anni dopo, dando vita al celeberrimo "Va pensiero" dal Nabucco.
In questo mottetto Palestrina usa la musica per descrivere visivamente la situazione. Le entrate delle varie voci simulano l'affluenza dei corsi d'acqua nel fiume principale mentre sulla parola "Babylonis" si innalzano quasi a descrivere i profili delle torri. In corrispondenza di "sedimus" sono omoritmiche dando l'impressione dell'atto statico del sedersi.
Il verso "dum recordaremur tui Sion" appare molte volte nelle diverse voci, in stile imitato, come a descrivere un'idea che gira tra le varie persone. In corrispondenza del "suspendimus", la melodia descrive l'atto di appendere lo strumento, effettuando un movimento ascendente e poi subito discendente. Il mottetto stesso, si conclude in cadenza sospesa.
Queste sono solo alcuni degli espedienti usati dal compositore!
Provate a ritrovarli e cercarne altri durante l'ascolto di questo breve, ma intenso, capolavoro.

testo:
Super flumina Babylonis illic sedimus et flevimus, dum recordaremur tui, Sion. In salicibus in medio ejus suspendimus organa nostra.

venerdì 21 febbraio 2014

Il Ricercare

Il Ricercare è un genere strumentale che si sviluppa negli anni di passaggio tra 1500 e 1600.
Si tratta di una composizione di carattere contrappuntistico, una sorta di antenato della fuga, scritto spesso ancora in sistema modale, senza quindi nessuna modulazione.
Alterna diverse sezioni, di omoritmia e contrappunto, che possono cambiare anche tempo ma si pongono in continuità l'una con l'altra.
Di solito veniva eseguito su strumento a tastiera, quindi organo o clavicembalo a scelta. Non vi è infatti alcuna distinzione (a parte in Francia) tra questi due strumenti, a parte la destinazione d'uso. L'organo verrà perfezionato con l'aggiunta di manuali, registri e della pedaliera solo durante il Barocco, quindi la tecnica esecutiva per i due strumenti era la stessa. L'unica vera differenza è che si usava l'organo in ambiente liturgico, il clavicembalo in situazioni profane.
Il termine stesso è fonte di ambiguità: vengono definite Ricercare una notevole varietà di composizioni, con caratteristiche comuni ma stili molto diversi.
Proprio per sottolineare questo vorrei proporre tre diversi tipi di Ricercare, scritti nello stesso periodo.
Un Ricercare per clavicembalo di Giovanni Maria Trabaci (1575 - 1647), nella sua forma più "accademica", uno per organo del genio quasi-jazzista Girolamo Frescobaldi (1583 - 1643) e un Ricercare per fiati di Giovanni Gabrieli (1554 - 1612), nel tipico stile concertato veneziano (di cui parlerò).




sabato 1 febbraio 2014

Madrigalismi


Abbiamo già parlato del Madrigale del Cinquecento, la forma profana più matura del tardo Rinascimento, con un esempio tra i primi, di Verdelot.
Quello di oggi è, invece, uno tra i più "evoluti". Fa larghissimo uso di quegli artifici detti "madrigalismi" (a cui avevo accennato) la cui funzione è quella di evocare, attraverso la musica, delle immagini atte a descrivere o amplificare il significato del testo cantato.
Il brano alterna parti in stile omoritmico ed in stile imitato, tratto tipico del Madrigale cinquecentesco, e fa largo uso di cromatismi, caratteristica peculiare dell'autore, Carlo Gesualdo da Venosa (1566 - 1613).
testo:
Itene o miei sospiri
Precipitate il volo
A lei che m'è cagion d'aspri martiti
Ditele per pietà del mio gran duolo
Ch'ormai ella mi sia
Come bella ancor pia
Che l'amaro pianto 
Cangerò lieto in amoroso canto

Nella prima frase "Itene o miei sospiri", è da notare il madrigalismo che spezzando con le pause la melodia sulla parola "sospiri" mima proprio l'azione espressa dal testo.
Con la seconda frase inizia una sezione in stile imitato, caratterizzata da salti discendenti, che vanno dal soprano al basso e che quindi scendono anche di registro, che amplificano il significato di "precipitate", e da leggere scale svolazzanti che rappresentano, appunto, il "volo".
Nella terza frase, l'invocazione "a lei" è ricca di pathos grazie al sapiente uso del cromatismo, che viene usato ricorrentemente in tutta la sezione in cui il testo parla del dolore.
L'atmosfera cambia completamente con la parola "cangerò": in corrispondenza di questa, infatti, cambia il tempo e inizia un'altra sezione in stile imitato, che conclude il brano con un luminoso accordo maggiore.
Potete apprezzare tutte queste chicche grazie al video che ho trovato su YouTube, che mostra lo spartito di pari passo con la musica.

martedì 14 gennaio 2014

Il Madrigale del Cinquecento

Il Madrigale del Cinquecento è il mostro sacro del Rinascimento. Nasce dalle forme profane popolari strofiche come la Frottola, senza ereditarne la struttura, ed è influenzato dal Mottetto.
È una composizione vocale di solito a 5 - 6 voci equilibrate, che alterna sezioni in stile omoritmico (in cui tutte le voci procedono simultaneamente con lo stesso ritmo) e in stile contrappuntistico.
La caratteristica fondamentale è lo stretto rapporto tra testo e musica: quest'ultima è pensata per amplificare e trasmettere le immagini poetiche del testo. A fine secolo saranno sviluppati degli artifici, detti "madrigalismi", con lo scopo di rendere ancora di più il significato del testo (non ci sono, nel madrigale che ho scelto. Questo perché ne ho preso uno tra i primi, in cui i madrigalismi non erano ancora in uso).
Questo tipo di repertorio veniva principalmente eseguito "a tavolino" dai membri dei ceti sociali più alti, tutti abili musicisti. La musica svolgeva infatti un ruolo centrale nell'educazione dei giovani nobili, alcuni dei quali arrivavano addirittura ad eccellere a livello, come diremmo noi oggi, professionale. Questi si incontravano nell'intimità dei loro palazzi per far musica ed eseguire queste piccole perle, nel duplice ruolo di artisti e spettatori.
Nella prassi esecutiva capitava spesso che strumenti affiancassero le voci o le sostituissero addirittura, cantando solo la linea vocale superiore.
Ho scelto un madrigale di Philippe Verdelot (1475 - 1552), un compositore francese che trascorse tutta la sua vita in Italia e che è considerato uno dei padri del Madrigale cinquecentesco. Per confronto, riporto sia la versione completamente vocale, che quella con voce e strumenti.

testo:
Ultimi miei sospiri
che mi lasciate fredd'e senza vita
Contate i miei martiri.
Ai chi morì mi vede e non m'aita,
dite, o beltà infinita,
dal tuo fedel ne caccia empio martire.
Et se questo gli è grato, gitene rat'in ciel a miglior stato,
ma se pietà gli porg'il vostro dire,
tornat'a me, ch'io non vorò morire.


versione vocale:

versione voce+strumenti e strumenti soli:

giovedì 9 gennaio 2014

Frottole

Frottole, Canzonette, Villanelle, Canti Carnascialeschi, Balletti....sono tutte composizioni profane del Rinascimento italiano. Sono strofiche, scritte per gruppo vocale ma molto spesso eseguite con una voce solista e accompagnamento di strumenti polifonici, che sostituiscono le altre linee. I temi sono sempre leggeri e lieti, parlano principalmente d'amore (alle volte anche con sfumature, direi, osé).
Le strofe si ripetono tutte sulla stessa musica, con leggere variazioni interpretative, e alla fine di ogni sezione vi è spesso una sorta di ritornello non-sense come il "falala" (caratteristico dei Balletti).
Da queste forme molto popolaresche e "leggere" si svilupperà il mostro sacro della musica profana del Rinascimento: il Madrigale del Cinquecento (va specificato, perché esiste anche il Madrigale del Trecento, che è molto diverso).
Ho scelto questa Frottola perché estremamente leggiadra e ben rappresentativa, nelle sonorità, della grazia e dell'eleganza del Rinascimento italiano.
Purtroppo non ho trovato il testo, che non si capisce benissimo. Il protagonista è Scaramella, che si innamora di una ragazza. Purtroppo le cose non vanno bene, perché da quanto ho capito, questo poveraccio finisce per andare in guerra e morire.
Carinissimo e molto rappresentativo il ritornello decorato con "zumberum bum".


martedì 7 gennaio 2014

Perché?

Chi mi conosce sa che per la scrittura, e in generale per la lingua italiana, non sono proprio portata. Per questo vorrei inaugurare (o INCIGNARE, come si dice dalle mie parti) questo blog partendo direttamente con la musica, che ne sarà la grande protagonista.
Vorrei iniziare con un autore a me molto caro, tra i più sottovalutati e meno diffusi nelle sale da concerto e nei teatri dei giorni nostri: Claudio Monteverdi (1567 - 1643).
Il primo vero genio della storia della musica, che nel passaggio tra i due secoli è riuscito ad essere sempre moderno e al passo coi tempi.
Uno tra i suoi più grandi meriti è quello di aver contribuito alla nascita dell'opera. Ed è proprio dall'opera che vorrei partire, proponendovi l'apertura e la prima aria de "L'Orfeo", sottotitolata "Favola in musica".
In quest'aria vi è il personaggio della Musica che canta, presentandosi e introducendo la storia. Da segnalare, nella seconda e terza quartina, la concezione della Musica come capace di influenzare gli animi ed il riferimento all'armonia delle sfere (l'armonia dell'universo), caratteri tipici del mondo greco.
Ma la parte geniale è nell'ultima quartina: Monteverdi invita gli ascoltatori al silenzio!
Finché Musica canta, si fermino gli uccelli tra le piante, i fiumi e il vento.

link:
http://youtu.be/EdHFxkd7s0s
Ho scelto Jordi Savall (direttore) e sua moglie Monserrat Figueras (Musica) perché grandissimi interpreti di questo tipo di repertorio. E poi lei ha una voce pazzesca!
Purtroppo il video non si può incorporare e ed è di scarsa qualità, ma non c'era di meglio.


testo:
Dal mio Permesso amato a voi ne vegno,
incliti eroi, sangue gentil di regi,
di cui narra la fama eccelsi pregi,
né giugne al ver perch'è troppo alto il segno.

Io la Musica son, ch'a i dolci accenti
so far tranquillo ogni turbato core,
ed or di nobil ira, ed or d'amore
posso infiammar le più gelate menti.

Io su cetera d'or cantando soglio
mortal orecchio lusingar talora,
e in guisa tal de l'armonia sonora
de le rote del ciel più l'alme invoglio.

Quinci a dirvi d'Orfeo desio mi sprona,
d'Orfeo che trasse al suo cantar le fere,
e servo fe' l'inferno a sue preghiere,
gloria immortal di Pindo e d'Elicona.

Or mentre i canti alterno, or lieti, or mesti,
non si mova augellin fra queste piante,
né s'oda in queste rive onda sonante,
ed ogni auretta in suo camin s'arresti.