Abbiamo già parlato del Madrigale del Cinquecento, la forma profana più matura del tardo Rinascimento, con un esempio tra i primi, di Verdelot.
Quello di oggi è, invece, uno tra i più "evoluti". Fa larghissimo uso di quegli artifici detti "madrigalismi" (a cui avevo accennato) la cui funzione è quella di evocare, attraverso la musica, delle immagini atte a descrivere o amplificare il significato del testo cantato.
Il brano alterna parti in stile omoritmico ed in stile imitato, tratto tipico del Madrigale cinquecentesco, e fa largo uso di cromatismi, caratteristica peculiare dell'autore, Carlo Gesualdo da Venosa (1566 - 1613).
testo:
Itene o miei sospiri
Precipitate il volo
A lei che m'è cagion d'aspri martiti
Ditele per pietà del mio gran duolo
Ch'ormai ella mi sia
Come bella ancor pia
Che l'amaro pianto
Cangerò lieto in amoroso canto
Nella prima frase "Itene o miei sospiri", è da notare il madrigalismo che spezzando con le pause la melodia sulla parola "sospiri" mima proprio l'azione espressa dal testo.
Con la seconda frase inizia una sezione in stile imitato, caratterizzata da salti discendenti, che vanno dal soprano al basso e che quindi scendono anche di registro, che amplificano il significato di "precipitate", e da leggere scale svolazzanti che rappresentano, appunto, il "volo".
Nella terza frase, l'invocazione "a lei" è ricca di pathos grazie al sapiente uso del cromatismo, che viene usato ricorrentemente in tutta la sezione in cui il testo parla del dolore.
L'atmosfera cambia completamente con la parola "cangerò": in corrispondenza di questa, infatti, cambia il tempo e inizia un'altra sezione in stile imitato, che conclude il brano con un luminoso accordo maggiore.
Potete apprezzare tutte queste chicche grazie al video che ho trovato su YouTube, che mostra lo spartito di pari passo con la musica.
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