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martedì 13 maggio 2014

Romeo e Giulietta

Moltissimi compositori hanno musicato questa celebre tragedia di Shakespeare. Tra le numerose versioni, la mia preferita è senza dubbio quella di Sergei Prokofiev (1891 - 1953), in forma di balletto, da cui in seguito l'autore stesso ha estratto tre suites per orchestra.
La musica è estremamente suggestiva ed è stata utilizzata come colonna sonora in numerosi film.
È una composizione a me molto cara, in grado di rimandarmi agli anni dell'infanzia, quando la ascoltavo con mia madre e mia nonna.
Ho scelto la traccia secondo me più rappresentativa e suggestiva (forse anche la più famosa) il cui titolo è "Dance of the Knights", ma è conosciuta anche sotto il nome "Montagues and Capulets".
Descrive la parte della tragedia in cui si svolge il ballo dei Capuleti.
È in forma ternaria: la prima parte in fortissimo, estremamente ritmica e caratterizzata dal timbro degli ottoni, che accompagnano le danze dei membri della famiglia Capuleti. La seconda sezione è impostata in totale contrasto con la prima, in pianissimo, molto calma e serena. È la parte che rappresenta l'arrivo al ballo di Giulietta. Nella terza ed ultima sezione si ripresenta il primo tema, ma qualcosa è cambiato: Giulietta ha notato Romeo, le dinamiche sono meno aspre e spigolose. Il tema viene esposto dal sax tenore, fatto estremamente inusuale per l'epoca.

venerdì 28 marzo 2014

Scandalo on-stage

Nel 1894 si esegue per la prima volta il poema sinfonico "Prélude à l'après-midi d'un faune" (Preludio al pomeriggio di un fauno) di Claude Debussy (1862 - 1918).
Per la stesura di questa opera il compositore si ispirò al poema di Stéphane Mallarmé "L'après-midi d'un faune". Fu concepita inizialmente, infatti, come sottofondo musicale a questa opera letteraria, e doveva comprendere più movimenti di respiro più ampio. Lo spettacolo però, non andò mai in scena, e la musica non fu mai completata, spingendo Debussy a dare una forma finita al solo Prélude.
Il poema narra di un fauno, che risvegliatisi da un sonnellino pomeridiano, rievoca un sensuale incontro mattutino con delle ninfe.
La musica rispecchia e amplifica lo spirito sensuale del poema a cui è ispirata, utilizzando come tema principale una melodia cromatica discendente ed ascendente affidata al flauto.
Nel 1912, Il "Prélude" diventa un balletto, grazie al genio sfrontato di Diaghilev e alla coreografia di Nijinsky (gli stessi del "Sacre du printemps" di Stravinsky!).
I movimenti di questo balletto sono lontanissimi dalla danza accademica delle punte e delle piroette: si svolgono principalmente nella fascia più vicina al pubblico del palcoscenico, in linee rette e quasi in due dimensioni, richiamando la linee degli antichi vasi greci. Il fauno, in particolare, assume sempre posizioni molto "spigolose", con le caratteristiche gambe e braccia piegate, e le mani aperte in posizione rigida.
L'elemento straordinario, e scandaloso per l'epoca,  di questo breve balletto (poco più di 10 minuti!) è senza dubbio la storia narrata, soprattutto nel finale.
Distaccandosi infatti, dal poema di Mallarmé, il fauno di Diaghilev non riesce a conquistare le ninfe e conclude il suo pomeriggio con un evidente atto di autoerotismo con il velo di una di loro.
Scandaloso!
Vi lascio all'interpretazione di Rudolf Nureyev, e all'immaginazione di cosa possa essere successo tra il pubblico durante la prima, dopo aver assistito al primo atto di autoerotismo in scena.                                                                                                                                                                                                                               


giovedì 23 gennaio 2014

Le Sacre du printemps

Igor Stravinskij (1882 - 1971) scrive questa perla per la compagnia di balletti russi diretta da Sergeij Diaghilev, un genio visionario, con la collaborazione del pittore e scenografo Nikolaj Roerich. La coreografia originale, riproposta nella versione che ho trovato su YouTube della rappresentazione in occasione del centenario della prima esecuzione (1913), è di Nijinskij, uno dei ballerini più dotati della storia, genio visionario come Diaghilev (e suo amante).
Con questo balletto, Stravinskij rappresenta un grande rito sacro di una antica civiltà russa in cui si propizia l'arrivo della primavera attraverso un sacrificio umano. Una ragazza verrà scelta per danzare fino alla morte. 
Una visione trasgressiva e violenta, per niente affine all'universo ottocentesco delle emozioni romantiche.
Ogni parte di questo balletto richiama forze selvagge e primordiali e sconvolge tutti i canoni della bellezza: i ballerini assumono posture grottesche (si noti in particolare la posizione dei piedi e l'effetto "gobba") e si dimenano come morsi da un serpente velenoso. I costumi sono tuniche, in contrapposizione con l'abbigliamento da danza accademico e la musica è ruvida, l'armonia primitiva. Regna incontrastato il ritmo, che è la spina dorsale dell'intero balletto.
I timbri degli strumenti sono irriconoscibili e sembrano provenire da una dimensione lontana, effetto ottenuto costringendo i fiati a suonare in tessiture a dir poco imbarazzanti (il pezzo si apre con il fagotto che suona nel registro sovra-sovra-sovracuto). La composizione è inoltre costellata di frammenti di musiche popolari, funzionali alla resa di un'atmosfera tribale.
Ovviamente la prima fu un fiasco clamoroso, con tanto di spettatori urlanti e fuga di Stravinskij dopo le prime note dell'ouverture. La sua musica però, col tempo, diventò così apprezzata da essere eseguita indipendentemente, come fosse composizione autonoma.
Ad una mente aperta ed attenta, non sfuggirà la cruda bellezza e la genialità assoluta di questo balletto, anche a distanza di cent'anni (più uno) dalla prima esecuzione.